L’umanità furiosa alle prese con la paura di morire, un corteo di carri militari che trasportano le salme vittime di un mostro che si chiama “Coronavirus”, migliaia di decessi e di contagi. Uno scenario apocalittico che non è un film stavolta ma l’amara realtà. Parte il tormentone di primavera #iorestoacasa, un ritornello che rimbomba nel cervello facendo accrescere l’ansia. In questo scenario anche il superfluo resta a casa e li fuori, quella strada che prima correvo non è più la stessa e quell’aria è troppo pressante oggi. La libertà diventa utopia e non ha senso correre se non si è veramente liberi. Siamo in emergenza, arrivano le regole, gli obblighi e le eccezioni per alcune categorie tra cui il podismo. Il runner è agevolato, può continuare a svolgere la sua attività motoria, il runner può uscire mentre molti devono restare a casa e farlo solo per urgenza e necessità. Sale la rabbia di chi resta a guardare dal balcone, dalla finestra che fa scattare un seppur ingiustificato ma comprensibile “disprezzo”. Polemiche social ovunque, botta e risposta da dimenticare con accuse reciproche insomma una vera e propria guerra tra poveri. La richiesta di solidarietà seppur gridata non è stata ascoltata da molti runner che attaccandosi ad un permissivo decreto hanno continuato a correre.
La mia ultima uscita risale all’8 marzo, ho preferito ascoltare il buon senso anziché un decreto. Se tutti fossimo usciti si sarebbe intensificata sempre di più la paura di assembramenti che in questo periodo sembra essere sinonimo di contagi e la gente ci avrebbe guardato come una categoria di menefreghisti. Mi sono voluta dissociare da tutto ciò e la mia scelta è stata quella che ho ritenuto più giusta cioè restare a casa. Ho voluto prendere di petto questa drammatica emergenza ed essere soprattutto un esempio per i miei figli. Rinunciare per rispetto di chi è negli ospedali a combattere in prima linea, per i nostri bambini che senza colpe sono costretti a vivere la loro quotidianità tra le quattro mura e per tutte le persone decedute. Non avrebbe avuto più senso uscire per scaricare la mia tensione, per il mio corpo, per divertirmi, per sentirmi meglio. IO IO sempre IO questo IO maledetto che fa dimenticare il concetto di altruismo. Purtroppo non siamo uguali e non tutti sono in grado di gestire le proprie debolezze. La mia coscienza ha prevalso sulle gambe e mi ha portato a rinunciare. Ed ora resto a casa ma non mi fermo e come me alcuni degli atleti TM che hanno preferito lasciare la corsa per offrire un contributo a questa lotta. Distanti ma UNITI a condividere i nostri allenamenti casalinghi. Andiamo avanti con grande spirito di sacrificio pensando a quando torneremo ad abbracciarci di nuovo. Domani la nostra corsa sarà ancora più bella perché ha saputo mostrare nel momento del bisogno il suo lato migliore, la VERA forza di un’atleta, LA SOLIDARIETA’. A loro, i guerrieri TM che sono rimasti a casa rinunciando con fatica, tutta la mia stima per aver dimostrato profonda sensibilità e amore per il prossimo. #torneremoacorrere noi ce la faremo.